Sister Bertilla
Di seguito una testimonianza su Sister Bertilla, scritto direttamente al Vimala Hospital, durante un`eseperienza missionaria in India, con i soci della nostra associazione:
Se qualcuno, anche solo un anno fa, mi avesse detto che avrei provato questa stima autentica, unita a questo affetto profondo per una suora missionaria, gli avrei candidamente risposto: “Vai pure a farti passare la sbronza altrove”. Ho davvero un altro backgroud, che passa per connessioni adsl, megabite, e una serie di comodità che qui risultano lussi da gente viziata dal capitalismo.
E invece in questi giorni mi riscopro a cercare la sua presenza, a cercare il suo sguardo, ad ascoltare attentamente le sue parole. “Tieni Miki, mangia le verdure cotte che fanno bene all’intestino, perché quando si va in missione poi non si va più in quel posticino!”, e via a versarmi cucchiaiate di questo strano intruglio di verdure dentro al piatto. Sorride Bertilla, sorride sempre allo stesso identico modo, sia che parli di bambine lebbrose “buttate dentro al cancello del Vimala, così, senza niente”, sia che ti parli delle caratteristiche della strana verdura che stai mangiando. Stesso suono, stesso stile. Sempre centrata, allegra, presente a se stessa e agli altri, proiettata al servizio più totale. Non mi ha mai permesso di alzarmi da tavola una sola volta per servirmi un pasto da sola. E dire che ha 73, più del doppio di me. E sono 42 gli anni in cui è missionaria in India, 7 anni più della mia vita.
E così ho sfruttato di proposito il fatto che l’unico pc con connessione Internet del Vimala fosse nel suo ufficio. Spesso mi mettevo al computer, pur non avendo intenzione di postare o scrivere nulla, solo per il piacere di condividere un momento con lei. Ho talmente esagerato con questa modalità che mi è anche stato consigliato di allonatarmi dal pc, di pensare anche a me e all’esperienza che sto vivendo qui, senza preoccuparmi di dare dei segnali online in tempo reale. Ho un ritmo e un rapporto con Internet tutto mio, che racconterò più avanti, con calma, difficile da comprendere, difficile per me spiegare il prezzo che pago a me stessa per tentare di essere un link tra ciò che accade nella realtà e ciò che si può tradurre online. Compresi i miei tanti sbagli. E anche qui, ne ho infilati alcuni memorabili.
“Mi hanno detto che hai conosciuto Madre Teresa di Calcutta, Bertilla”, le ho chiesto in un momento in cui eravamo sole in ufficio lei ed io. “Beh si, tanti anni ho lavorato con lei, quanti viaggi in Jeep per l’India abbiamo fatto!”, mi risponde immediata. Continuo a fissarla ipnotizzata capisce che ho voglia che lei continui. “Una volta l’ho persino vista arrabbiarsi, una delle rare volte in cui è accaduto”, dice sorridendo. “Ah si?!”, esclamo io stupita. “Sì, perché si avvicinò a noi un ragazzo molto giovane, per chiedere la carità, ma lei gli rispose che uno come lui non doveva chiedere l’elemosina, uno come lui doveva andare a lavorare. Lei capiva immediatamente con chi aveva a che fare, e soprattutto era molto severa”. Mi guarda, mi sorride ancora, poi continua a sbrigare le sue faccende come se avesse raccontato la vicenda più banale del mondo. “E’ vero mi confermava Franco”, uno dei soci dell’Associazione, “è talmente tanta la responsabilità che hai, con tutti gli occhi puntati addosso, che il rigore e’ un comportamento necessario”. Candore, forza, sintesi, semplicità, devozione, servizio, sobrieta’ assoluta. Sono talmente tanti gli aggettivi con cui potrei descriverla, ma sono inutili. Anche a me la raccontarono in fase di progettazione del sito web dell’associazione. “Una donna straordinaria”, la frase più ricorrente.
Ma non basta, ora lo so, è vero. Bertilla bisogna viverla fisicamente. Guardarla quando si muove, quando lavora, sostenere il suo sguardo in una conversazione. E dire che qui sono circondata da gente straordinaria che da vent’anni cerca di portare aiuto in terra straniera. Ma lei è un’altra faccenda. Di quelle che ti restano impresse sotto la pelle, di quelle a cui pensare quando ti sembra che non ne valga la pena, ma perché sei tu che hai voglia di mollare, quando ti sembra di non farcela più. E in questi giorni mi è successo spesso, soprattutto nel momento in cui ho realizzato gli errori che ho commesso, che racconterò da casa, ma poi compariva lei ed era come un’endovena di energia che ti squarciava il petto in due per arrivare diritta all’aorta. Dopo aver conosciuto Bertilla, e la terra d’India, se cadi, ti rialzi e basta, riprendi a camminare e andare avanti, perché è l’unica cosa sensata da fare in qualsiasi caso.
di Micaela Vichi